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lunedì 9 dicembre 2013

A NATALE REGALA O REGALATI QUESTO LIBRO




Per il prossimo Natale, regala o regalati questo libro. Vuoi saperne di più? Leggi i post su questo blog per scoprire trama e altre curiosità, puoi leggere anche un report gratuito. Per avere il libro puoi acquistare via Internet (link segnalati nel blog) oppure puoi contattarmi a larazavatteri@gmail.com.

Inizia a farti un’idea leggendo i post! Buona lettura

Lara Zavatteri

martedì 19 novembre 2013

Élisabeth-Louise Vigée-Le Brun




Probabilmente questo nome vi dirà poco, ma si tratta di una delle donne più famosa in Europa, nata a Parigi nel 1755 e scomparsa nel 1842. Ci sono alcuni punti di contatto a mio avviso tra Elisabeth e Artemisia. Entrambe furono donne pittrici in cui era difficile se non quasi impossibile pensare ad una carriera artistica per una donna, entrambe furono spinte dal padre a dipingere, entrambe iniziarono giovanissime (verso i 15 anni) ed entrambe pagarono uno scotto amaro per la loro popolarità.

Artemisia Gentileschi attraverso un processo che anziché difenderla dalla violenza che aveva subito ne fece un oggetto di scherno, umiliandola in ogni modo, Elisabeth Louise Vigée-Le Brun, essendo la pittrice preferita della regina Maria Antonietta, subendo calunnie di ogni tipo, come avvenne per la regina stessa.

Scampata per un soffio alla ghigliottina durante la Rivoluzione francese, questa artista continuò a dipingere per tutta la vita. Uno dei suo quadri più famosi è quello che raffigura Maria Antonietta con in mano una rosa.

Artemisia ed Elisabeth furono certamente donne fuori dal loro tempo: diverse per le loro aspirazioni e dotate del coraggio di portare avanti i propri sogni, nonostante tutto, anche nei periodi più bui.

giovedì 7 novembre 2013

ARTEMISIA E LA SUA TRISTE STORIA DI VIOLENZA: LEGGETELA NEL CAPITOLO 6

Ecco in anteprima il capitolo 6, ambientato al tempo di Artemisia Gentileschi. Lei stessa e la sua triste storia è protagonista di questo capitolo.

 CAPITOLO 6

 Roma, autunno 1612

Seduta su uno sgabello davanti al cavalletto con la tela, Artemisia stendeva il colore quasi senza pensare, immersa com’era nei suoi cupi pensieri. Le pareva quasi che il quadro si completasse da solo, che le sue mani con una propria autonomia dipingessero mentre lei si soffermava con la mente su tutt’altro. Dipingere era l’unica cosa in grado di regalarle almeno un po’ di serenità, anche se sempre più spesso si trovava a rivangare quanto accaduto in quei mesi. Era una bella giornata autunnale, una di quelle in cui ancora il sole scalda la terra con i suoi raggi e il cielo terso regala l’illusione di essere ancora nella stagione estiva. Artemisia era sola in casa poiché il padre Orazio era andato fuori per delle commissioni e i fratelli erano usciti di buon’ora. Ma anche se la casa fosse stata piena di gente, lei si sarebbe ugualmente sentita sola. Mentre immergeva il pennello nel colore nero, ripensò a quanto le era accaduto l’anno precedente. Era una giornata come tante e lei stava nella sua casa in via della Croce quando il pittore Agostino Tassi detto lo “Smargiasso” era entrato in casa e approfittando dell’assenza di Orazio le aveva usato violenza. Artemisia, che aveva intuito subito le intenzioni dell’uomo, aveva supplicato l’amica Tuzia, sua vicina di casa, di non lasciarla sola, ma quella se n’era infischiata e così il Tassi aveva avuto campo libero e in breve aveva fatto di lei ciò che voleva. Lei aveva tentato di resistere, graffiandolo, sputandogli in faccia, ma la forza dell’uomo era tanto superiore alla sua che alla fine non era più riuscita a tenere a bada quella belva.  Artemisia non poteva dimenticare la vergogna e il dolore per quella violenza e nemmeno il tradimento dell’amica. Il Tassi era anche amico di suo padre, il quale tempo addietro l’aveva pregato anche di dare lezioni di prospettiva alla figlia Artemisia, l’unica tra i suoi eredi-tutti maschi-a padroneggiare l’arte della pittura. Era piuttosto inconsueto che a una donna fosse concesso di praticare quell’arte ma Orazio l’aveva avviata presto in quel mestiere appena si era reso conto che in lei si nascondeva del talento. Anche a lui, probabilmente, era sembrata una cosa sconveniente che una ragazza diventasse pittrice e certamente si doveva essere preoccupato di quanto avrebbe detto la gente vedendola dipingere, ma in cuor suo non se l’era sentita di precluderle quella possibilità, non dopo aver visto con quale facilità sua figlia imparava e con quale passione si applicava per emergere. Per questo aveva chiesto all’amico Agostino-che collaborava con lui alla realizzazione della loggetta della Sala del Casino delle Muse di Palazzo Rospigliosi- di darle lezioni sulla prospettiva, in modo da fornire ad Artemisia ulteriori conoscenze che avrebbero arricchito il suo bagaglio artistico. Quello che Orazio non poteva immaginare era che l’uomo aveva messo gli occhi su Artemisia e da tempo attendeva l’occasione giusta per avvicinarla, come non poteva immaginare che il Tassi, nonostante la loro amicizia e il sodalizio artistico che si era creato tra loro, stava meditando di compiere un’azione tanto spregevole. Artemisia non raccontò subito al padre quant’era accaduto. Agostino nei giorni successivi aveva promesso di sposarla, così da rimediare alla violenza e secondo la tradizione dell’epoca in tal modo era possibile sistemare le cose. Non che Artemisia fosse contenta di sposarlo, anzi la cosa la ripugnava, ma non vedeva altra via d’uscita per non essere additata dalla gente che in quelle occasioni addossava sempre tutta la colpa alla donna. Lei naturalmente sapeva di non aver fatto o detto nulla per incoraggiare l’uomo, ma la gente ragionava in altro modo. Sapeva cos’avrebbero bisbigliato: avrebbero detto che lei era una poco di buono, che aveva messo in atto mille astuzie per farsi sedurre da Agostino e che in fondo si era meritata quella violenza. Avrebbero sparlato di lei al suo passaggio, magari nessuno avrebbe mai comprato un suo quadro. Ecco, era quest’ultima cosa che le pesava di più, che la sua carriera artistica appena cominciata dovesse interrompersi per quel vergognoso episodio e per colpa di un uomo che aveva distrutto il suo futuro. Per questa ragione Artemisia inizialmente tacque con il padre e attese, seppur angosciata e disgustata, che Agostino la chiedesse in moglie. Ma i giorni passarono e Agostino non si presentò da Orazio per chiedere la mano della figlia. Poi passarono le settimane, e quando fu chiaro che il Tassi l’aveva ingannata Artemisia si decise a confessare l’accaduto al padre. Si era vergognata talmente, nel raccontare al genitore quanto aveva dovuto subire e per tutto il tempo aveva tenuto gli occhi bassi attendendo la condanna di Orazio. Artemisia, infatti, pur amando il padre, era convinta che anche lui l’avrebbe incolpata dell’accaduto. Era suo padre, è vero, ma era pur sempre un uomo, e come tutti gli uomini anche lui probabilmente vedeva le donne come uniche colpevoli in situazioni come quella. Orazio, seduto al tavolo della cucina, aveva ascoltato la figlia senza fiatare, sempre più incollerito man mano che proseguiva. Alla sua rabbia si mescolava anche un sentimento d’incredulità, proprio perché il Tassi non era uno sconosciuto ma un amico e collega. Come aveva osato quel farabutto rovinare sua figlia? Quando venne a conoscenza del fatto che la violenza risaliva a tempo addietro, ricordò che aveva visto il Tassi fino al giorno prima e con lui aveva scherzato e scambiato consigli sui lavori commissionati ai due pittori. In lui non aveva mai notato nulla di strano, di diverso. Semmai-e fu un particolare che gli tornò in mente solo mentre la figlia continuava a parlare-era Artemisia che in quel periodo sembrava più assente e più taciturna. Non aveva dato molto peso alla cosa ma in quel momento capì che avrebbe dovuto indagare e scoprire cosa faceva soffrire la figlia. Se avesse ancora avuto al fianco sua moglie, morta già da diversi anni, forse le cose sarebbero andate diversamente. Lei sicuramente si sarebbe accorta subito del cambiamento di Artemisia.

“Perché non hai parlato subito con me?” domandò Orazio quando Artemisia ebbe finito il suo racconto.

Artemisia tacque un momento, sempre con gli occhi bassi e poi rispose:

“Aveva promesso di sposarmi.”

“Capisco. E dunque?”

“Niente” disse Artemisia.

“In questo caso c’è solo una cosa da fare” disse Orazio “denunciarlo”. Già si era alzato dal tavolo e afferrava una mantella per coprirsi e andare a fare il suo dovere affinché quel delinquente non la passasse liscia, quando Artemisia lo fermò.

“No, vi prego padre. So che quell’uomo è stato ignobile e merita una punizione, ma pensate a me.”

“Che cosa vuoi dire?” domandò Orazio senza capire.

“Pensate a cosa andrò incontro se ci sarà un processo. La gente mi additerà, dirà che sono una dai facili costumi, che me la sono cercata, nessuno vorrà un mio quadro”. Artemisia parlava concitata, con il terrore negli occhi. Orazio, vedendola in quello stato, le mise le mani sulle spalle e la fece sedere.

“Guardami, Artemisia” disse alzandole il viso con un dito. Artemisia lo fissò per la prima volta da quando aveva iniziato a raccontare. “Che altro pensavi che avrei potuto fare? Non posso andare da lui e farmi giustizia da solo. O lo denuncio, oppure la faccenda si chiude qui, lo capisci?”

Artemisia non rispose. Si rendeva conto che il padre aveva ragione, ma come uomo non riusciva a capire la sua posizione. Sarebbe stata sola, ad affrontare quella battaglia. Sola contro le maldicenze, le cattiverie, sola contro i pregiudizi della gente.

“Io vado” disse Orazio e rapidamente uscì chiudendo la porta di casa dietro di sé senza aspettare la sua risposta.

“Ecco, ci siamo” pensò Artemisia “niente sarà più come prima nella mia vita”.  E, come avrebbe costatato in seguito, aveva ragione.


Quello che ne seguì fu un processo che subito diede scandalo e che fece di Artemisia la protagonista assoluta di quel dramma. Fin da subito, dal giorno in cui Orazio era tornato a casa dopo aver sporto denuncia, Artemisia aveva compreso che doveva prepararsi al peggio, che da quel momento in avanti avrebbe potuto contare esclusivamente su se stessa e nessun altro. Ne sarebbe stata capace, lei, una ragazza così giovane? Sarebbe stata in grado di sopportare chissà quali voci e quali umiliazioni? Si disse di sì e decise che qualunque cosa fosse accaduta non si sarebbe piegata. Nessuno, mai, sarebbe stato in grado di usarle ancora violenza o di farla cedere, in nessun modo. Orazio l’aveva informata che presto sarebbero iniziati gli interrogatori, non solo per lei e per il Tassi, ma anche per Tuzia e per chiunque potesse sapere qualcosa su quella squallida faccenda. Artemisia, saputolo, con un pretesto era uscita di casa per starsene un po’ sola, nonostante Orazio le avesse raccomandato di stare attenta a non incontrare amici del Tassi che potevano rifarsi su di lei per aver avuto l’ardire di denunciare il suo stupratore. Ma Artemisia non sopportava più di starsene rinchiusa in casa, l’aria le sembrava pesante e nello sguardo del padre, seppure di sfuggita, le era quasi parso di notare un muto rimprovero per quanto accaduto. La ragazza lasciò la casa per vagare in pace per il Quartiere degli artisti, prima che la voce sulla denuncia circolasse. Per il momento ne erano ancora tutti all’oscuro, eccetto il Tassi e i suoi fedeli compagni, ed Artemisia sapeva che neppure loro avrebbero avuto il coraggio di aggredirla per strada, in pieno giorno. La violenza del Tassi era stata ben altra cosa, consumata in una casa privata, al riparo da sguardi indiscreti, e nessuno avrebbe potuto udire le urla di Artemisia. A parte Tuzia. Tuzia, l’amica fedele, colei che già donna aveva raccolto le confidenze, le paure e le speranze di Artemisia ragazzina, colei che avrebbe dovuto proteggerla in quanto donna e in quanto amica, quel giorno maledetto aveva deciso di voltarsi dall’altra parte, di fingere di non vedere ciò che lo Smargiasso stava architettando ed anzi addirittura l’aveva coperto quando, quel giorno dannato, aveva deciso di non aspettare oltre e violentare Artemisia. Mentre camminava per i vicoli senza una meta precisa, Artemisia pensava a questo e a molti altri interrogativi. Si era infatti resa conto che quando aveva parlato al padre dello stupro, quest’ultimo aveva deciso di denunciare il Tassi solamente quando Artemisia gli aveva detto che l’uomo non aveva nessuna intenzione di sposarla. Inoltre, lei stessa aveva raccontato tutto ad Orazio solo quando si era resa conto che non vi sarebbe stato alcun matrimonio riparatore. Ma com’era possibile? Ad entrambi più che la violenza intentata dallo Smargiasso era parso più deplorevole la mancata proposta di matrimonio, persino a lei, Artemisia, che quella violenza l’aveva subita in prima persona, che per giorni e settimane e mesi aveva convissuto con quel peso, sentendosi sporca, sbagliata, percependo dentro se stessa quasi la certezza di essersi meritata quanto accaduto, benché invece sapesse benissimo che tutto ciò non era vero. Non aveva fatto nulla per dare a intendere qualcosa ad Agostino ed era ben sicura di non aver mai fatto allusioni che potessero essere interpretate in modo erroneo. Ma allora perché dopo quel fatto si sentiva così, con quel disagio perenne, come se ad essere nel peccato fosse lei e non il suo aguzzino? Perché la società in cui viveva-si domandava-non condannava chi usava violenza ad una donna, non l’atto in sé ma solo ciò che avveniva dopo, se il matrimonio non aveva luogo? Ed ancora, perché le donne finivano per sposare i loro torturatori? Com’era spiegabile che volessero condividere tutta la vita con l’uomo responsabile di tutti i loro mali, sia fisici sia psicologici? Anche lei stessa, in fondo, aveva creduto ad Agostino e sperato che la sposasse. Ora stentava a riconoscersi nella ragazzina che giorno per giorno attendeva gli eventi e pregava ogni notte, prima di addormentarsi nel suo letto, che lo Smargiasso si presentasse a casa di Orazio per chiederla in sposa. Si rese conto che la società del suo tempo ragionava in quella maniera, forse anche nelle epoche passate si era sempre ragionato a quel modo e a tutti pareva una cosa giusta. A nessuno-tranne forse a qualche donna più coraggiosa delle altre-era venuto in mente che violentare una ragazza era un reato e che per questo chi lo compiva meritava di finire in galera. La violenza in sé doveva essere condannata, non il fatto di rifiutarsi di sposare la vittima. Artemisia camminava e camminava, senza fermarsi a parlare con nessuno, senza prestare attenzione al tempo, ai luoghi, e finì per trovarsi nelle vicinanze del Tevere.

“Sarebbe tutto più facile” pensò “se mi buttassi nel fiume.”

Poi però si vergognò di quel pensiero. Perché doveva essere lei a morire, lei che non aveva fatto nulla di male, lei che era stata la vittima? Era più che certa che invece pensieri del genere non avevano mai neppure sfiorato la mente di Agostino, che anzi sicuramente si era vantato di quella sua losca “impresa” con i suoi compagni delinquenti. Chissà quanto avevano riso, tutti insieme in qualche taverna, mentre Agostino raccontava com’erano andate le cose. Chissà come si erano divertiti, mentre lo Smargiasso narrava con quale resistenza Artemisia aveva tentato di tenergli testa. Al solo pensiero Artemisia si sentì rivoltare lo stomaco. Si fermò sull’argine del fiume, ad osservare l’acqua che scorreva. Era così calmo, il fiume, lui che non aveva problemi da risolvere. Le sarebbe piaciuto tornare indietro ed essere ancora la ragazza che era prima dello stupro, ma sapeva anche che non era possibile. La ragazza che era stata era morta quel giorno, mentre Agostino Tassi la teneva ferma e le impediva di gridare schiacciandole una mano sulla bocca. L’Artemisia di allora non c’era più, non ci sarebbe più stata. Quando pensava a Tuzia ancora l’incredulità per quel suo comportamento aveva il sopravvento su Artemisia. Artemisia, che aveva perso ancora adolescente la madre Prudenza, sentiva il bisogno di parlare con una donna, così era nata l’amicizia con Tuzia. L’amica l’ascoltava e le dava consigli, anche se le sembrava strano che una donna potesse dipingere e abitando vicine per Artemisia era diventata un punto di riferimento. Come aveva potuto, con quale cuore, diventare complice del Tassi? Pareva che l’avesse addirittura avvertito di quando Artemisia sarebbe stata sola e, quando Agostino le piombò in casa e Artemisia chiese aiuto, Tuzia finse di non aver udito le sue parole. Così, senza nessun impedimento, si era consumata la violenza in via Della Croce. Il tradimento di Tuzia l’aveva così profondamente rattristata proprio perché immotivato visto il legame che si era instaurato tra loro, e a momenti ancora non riusciva a capacitarsene. Se fosse stata viva sua madre, forse l’avrebbe preparata a parare colpi di quel genere, le avrebbe insegnato che al mondo la solidarietà tra donne è qualcosa di difficilissimo da trovare, poiché solitamente viene ostacolata da sentimenti diversi, sui quale predomina l’invidia. Artemisia invece l’aveva scoperto da sola, e nel modo peggiore. Ma di che cosa poteva essere invidiosa Tuzia? Della sua arte. Covava invidia per il talento dell’amica pittrice, per il fatto che il padre l’avesse iniziata a quel mestiere nonostante fosse una donna, perché forse un giorno i suoi quadri sarebbero stati apprezzati e venduti con successo ed il suo nome conosciuto ovunque. Solo molto tempo dopo il tradimento Artemisia l’aveva compreso. Doveva forse sentirsi in colpa anche per quello? No, no di certo. E fu in quel momento, lì, sull’argine del Tevere, mentre il sole tramontava colorando di tinte violette il cielo, che decise di non rinnegare mai se stessa. Di non sottovalutare la sua arte, di continuare la strada che aveva intrapreso anche se era una donna e a molti non avrebbe fatto piacere, di non sputare su se stessa come donna perdonando il suo violentatore o peggio sposandolo. Avrebbe affrontato il processo e tutte le sue conseguenze, senza paura, a testa alta. Mai più, per nessuno, avrebbe chinato la testa. Artemisia Gentileschi non aveva più paura di niente.
















mercoledì 4 settembre 2013

COME FACCIO A SAPERNE DI PIÙ SU QUESTO LIBRO






Se state cercando maggiori informazioni su questo libro, oltre a leggere i post che vedete in prima pagina, potete scoprire molte altre curiosità grazie ai post pubblicati in precedenza. Vi basta cliccare alla fine dei post della pagina principale (questa) su “post più vecchi” e scorrere all’indietro il contenuto del blog, pagina dopo pagina.

Oppure, potete cliccare sull’archivio che trovate sul blog, scorrendo il blog stesso sui lati e cliccare un anno specifico che v’interessa, procedendo poi in questo modo (anno per anno) o mese per mese o ancora seguendo i post meno frequenti.

Potete leggere estratti e report gratis pubblicati nel blog per capire come inizia il libro e quali sono i personaggi, se è una storia che può piacervi o può piacere a qualcun altro se volete regalare il libro.

Su Facebook potete trovare una pagina dedicata con il titolo del libro, potete cliccare su “mi piace” e diventare fan per essere sempre aggiornati.

Grazie a quanti acquistaranno il libro e a tutti i miei lettori!


Lara Zavatteri

lunedì 8 luglio 2013

Capitolo 2 di L’inclinazione.Storia di Artemisia e Nives





Ecco il secondo capitolo del libro di Artemisia, quando Nives, la giornalista che vive ai giorni nostri, si trova sulle tracce del ladro del quadro della Gentileschi, scomparso da un Museo di Trento. Per avere il libro potete rivolgervi direttamente a me a larazavatteri@gmail.com  o sul sito 

http://www.shopmybook.com/it/Lara-Zavatteri/LInclinazione%252E-Storia-di-Artemisia-e-Nives%252E



 Non sapeva nemmeno quanto tempo era trascorso da quando, come trasognata, aveva lasciato il Museo senza salutare nessuno dei colleghi, o come avesse fatto ad annotare sul taccuino altre informazioni che la gelida direttrice si era decisa a divulgare. Non lo sapeva, eppure queste cose le aveva fatte, ed era stata la sua mano a muoversi veloce sul notes e le sue gambe a portarla a casa, eppure potevano benissimo essere la mano e le gambe di un’altra, poiché non ricordava di aver compiuto nessuna di quelle azioni. E allora, perché non poteva essere stata lei a rubare quel quadro, la notte passata, e non ricordarsene? Nives pensava a questo mentre, seduta davanti al computer del suo studio a casa sua-poiché lavorando come freelance non si recava in redazione- cercava informazioni su Artemisia Gentileschi. Tutto le appariva ancora come un sogno, tuttavia lei era certa di essersi riconosciuta nelle immagini registrate dalle telecamere, anche se nessun altro tra coloro che avevano assistito a quella breve proiezione pareva averci fatto caso. Com’era possibile? Eppure Nives era lì, accanto a loro, come mai nessuno l’aveva associata alla persona intenta a rubare il quadro? Nives era anche sicura di non essere la ladra, ma allora chi era quella ragazza che sembrava la sua fotocopia? Il cellulare posto sul tavolino squillò, costringendola bruscamente a tornare alla realtà, all’articolo che doveva spedire quanto prima alla redazione. 

“Allora, novità?” disse febbrile il caporedattore dall’altra parte del telefono.

“Sì, dunque il ladro è una donna ed è riuscita a portare via il quadro senza far scattare nessun sistema d’allarme e..”

“Come se ne sono accorti?”

“L’ha notato stamattina il…”

“Chi? Chi se n’è accorto?” sbraitava l’altro, senza lasciarle il tempo di spiegarsi.

“Il custode che…”

“Chi ha dato l’allarme?”

“Lui” disse in un soffio Nives, rassegnata a quella raffica di domande.

“Sessanta righe, più un box di trentacinque che spieghi chi era la pittrice e qualcosa del quadro, tra un’ora” e mise giù.

Anche Nives riattaccò, con il cuore in gola e la rabbia per quel modo di fare del caporedattore che non la lasciava mai finire una frase. Si sentiva sempre sotto esame e l’impossibilità di formulare una frase compiuta perché continuamente interrotta la frustrava enormemente. Aveva un’ora per scrivere ma comporre un pezzo di quel rigaggio non sarebbe stato semplice. Aveva pochi elementi in mano, anche il custode aveva rilasciato solo qualche breve dichiarazione poiché non aveva ne visto ne sentito alcunché, inoltre le mancava tutta la documentazione sulla Gentileschi. Decise di partire da quest’ultima. Poiché il tempo era poco digitò “Artemisia Gentileschi” sul motore di ricerca Google e trovò subito alcuni siti d’arte che parlavano della pittrice. Cominciò ad annotare quanto le sembrava più interessante:

·          nata a Roma l’8 luglio del 1593, figlia di Orazio Gentileschi, a sua volta pittore seguace della maniera caravaggesca e toscano d’origine e di Prudenza Montone, che morì quando Artemisia era ancora piccola.
·          L’unica in grado di dipingere tra i suoi fratelli.
·          Iniziò a dipingere giovanissima.
·          Diverse le opere rimaste, realizzate tra Roma, altre città italiane e all’estero.
·          Violentata da un pittore amico e collega del padre nel 1611, ne scaturì un processo nel 1612, infinitamente umiliante per Artemisia che venne anche sottoposta alla tortura dei “sibilli”, ovvero allo schiacciamento dei pollici, particolarmente dannoso per una pittrice.
·          Il gioco dello specchio”, il quadro scomparso dal Museo, datava 1612.


Nives buttò giù la sua trentina di righe in base a queste informazioni, aggiungendovi anche le parole della direttrice del Museo che aveva definito il quadro “un’opera d’inestimabile valore”, frase un po’ generica che probabilmente avrebbe detto per qualsiasi altro dipinto, ma andava bene per rimpolpare il suo articolo. Nella ricerca per immagini di Google trovò anche un’immagine in Megabyte del quadro rubato, quindi di dimensioni sufficienti da poter inviare insieme al suo testo. Nives si fermò un momento a fissare il quadro, che raffigurava la medesima persona, una donna con i capelli scuri, in parte raccolti dietro ma con ciocche che ricadevano sulla fronte, abbastanza robusta ma non tanto da risultare grassa, abbigliata con una veste dai colori caldi, con oro e bianco che si mescolavano sulla tela, mentre fissava l’identica figura, posta di fronte a lei, che però vestiva con abiti scuri, di un nero lucente. Scorrendo i quadri di Artemisia, era facile capire che quella donna, anzi quelle donne, altro non erano che la pittrice stessa. Nives ne rimase turbata, ricordando quanto le era accaduto al Museo. Era decisa a dimenticare quella sciocchezza-perché tale doveva essere secondo lei-ma la sua mente evidentemente non era d’accordo e continuava a ricordarle quella ragazza e quei movimenti identici ai suoi. Guardò l’orologio, le mancava ancora solo mezz’ora per scrivere il testo più lungo, così si mise subito all’opera con quanto aveva. Trovò anche il tempo per chiamare il maresciallo dei carabinieri in caserma, per capire se fossero emersi nuovi indizi-e per sapere, naturalmente senza accennarlo, se qualcuno si era accorto della sua somiglianza con la ladra- ma non c’erano novità in merito. Così Nives si mise di buona lena a raccontare ciò che era accaduto, senza saper rispondere alle domande più importanti, e cioè perché la ladra aveva portato via solamente quel quadro e perché aveva preso proprio quell’opera. Non le pareva possibile che avesse rubato un quadro a caso, anche perché solitamente chi compie furti relativi ad opere d’arte ne conosce molto bene il valore. Comunque scrisse il suo pezzo, lo rilesse più volte com’era solita fare per controllare se filava bene e infine spedì tutto al giornale tramite la posta elettronica. Tirò un sospiro di sollievo per esserci riuscita anche quella volta-poiché aveva sempre paura di non stare nei tempi- e andò in cucina. Prese un bicchiere di the al limone e tornò davanti al computer per saperne di più sulla pittrice. L’indomani, lo sapeva, avrebbe dovuto nuovamente sentire le forze dell’ordine per capire a che punto erano le indagini e scrivere un pezzo anche su quello, ma chissà se in un giorno sarebbero arrivati in capo a qualcosa. Ripensò anche alla ragazza ripresa dalla telecamera, senza riuscire a darsi una spiegazione convincente. Forse, pensava, mi sono sbagliata, ho avuto un abbaglio. Forse mi sono lasciata suggestionare da quella figura che tanto mi assomiglia. Ma il suo inconscio diceva no: non ti sei sbagliata. Nives si costrinse a leggere ancora qualcosa sulla pittrice, una donna che l’affascinava per più motivi, ma poi quell’inquietudine la spinse ad uscire, chiudere casa e camminare senza meta per la città, così da pensare in pace ma scaricando al contempo l’ansia per tutta quella faccenda e, inutile nasconderlo, anche un po’ di paura. Si spinse verso la chiesa di San Pietro, poi fino al Conservatorio, dalle cui finestre uscivano dolci note che invitavano a lasciarsi andare, a non pensare ai problemi della vita, fino al piccolo parco nelle vicinanze. E fu lì, anche se in lontananza, che rivide per un attimo, troppo effimero per fare qualsiasi cosa, se stessa che si allontanava.




Stavolta ne fu veramente convinta: quella ragazza- scomparsa alla sua vista troppo presto per avvicinarsi e parlarle- era davvero lei, o meglio era una persona identica a lei. Questa constatazione la fece stare meglio per un po’: dopotutto ciò significava che lei, Nives, non c’entrava nulla con la sparizione del quadro, che non soffriva di qualche strana malattia o di amnesie che le avevano fatto dimenticare di aver compiuto il furto. Tuttavia, il problema era un altro: chi diavolo poteva essere quella ragazza? E inoltre, quanto tempo avrebbero impiegato le forze dell’ordine a collegare lei, Nives, al furto? Chi mai avrebbe creduto che lì, in quella stessa città, esisteva un’altra se stessa? Mentre ragionava in questo modo seguiva, correndo, la strada che l’altra se stessa aveva compiuto appena pochi attimi prima, cercando di cogliere qualche indizio per capire dove fosse diretta. Ma tutto appariva come sempre e il parco con i suoi tigli secolari ai lati e già avvolto dalla luce dorata del tramonto, sembrava non essere in grado di fornirle le risposte che cercava. Molti altri vicoli si aprivano alla fine della stradina di ghiaia che racchiudeva il parco e Nives non sapeva quale seguire. Si fermò un attimo per riprendere fiato, guardarsi intorno, ragionare sulla direzione in cui muoversi. Ma la sua mente non riusciva a concentrarsi, a seguire il filo di un discorso logico dopo ciò che aveva visto. Com’era possibile che al mondo esistesse una ragazza che in nulla differiva dalla sua persona, che anche da lontano, si capiva, era la sua copia esatta? Nives non aveva sorelle né fratelli, ma era concepibile che avesse una gemella di cui non aveva mai saputo nulla fino a quel momento? Per quanto bizzarro, decise di chiederlo direttamente a sua madre. Forse l’avrebbe presa per pazza, ma in qualche modo doveva sapere, venire a capo di quella situazione che la stava facendo impazzire. Digitò in fretta il numero sulla tastiera del cellulare e attese.

“Pronto?” disse quasi subito sua madre dall’altra parte del telefono.

“Mamma sono io”.

“Nives! Cosa c’è? È successo qualcosa?” chiese la donna, avendo percepito subito il tono d’allarme nella voce della figlia. Nives si affrettò a negare.

“No, no, nulla. Ma devo chiederti una cosa, anche se sembra assurdo o mi prenderai per pazza. Ti prego rispondimi sinceramente, è importante.”

“Va bene, Nives, dimmi. Mi stai facendo paura” ammise la madre.

“Senti” tagliò corto Nives “Dio mi sembra così stupido da chiedere…”

“Ma dimmi ti prego” insistette la madre, apprensiva.

“Insomma, io ho una gemella? Sii sincera, è veramente importante.”

La madre tacque per un attimo, poi Nives udì dall’altra parte della cornetta quelli che parevano dei singulti e che invece era una risata trattenuta.

“Ma che vai a pensare? Che idee ti vengono in mente?” rispose ilare la madre “Certo che no. Ma che ti è saltato in testa Nives?” disse la madre ridendo.

“Senti ho visto una ragazza che è identica a me, come lo spieghi?”

“Non lo so. Ma sei sicura, magari l’hai vista da lontano e ti è sembrato..”

“Sì mamma sono sicura, sicurissima. Anche tu se la vedessi mi scambieresti per lei.”

“Questa poi. E perché non le hai chiesto nulla?” fece la madre, incuriosita.

Nives non poteva certo raccontarle che tutto era partito dalle registrazioni della telecamera al Museo, che quella ragazza aveva commesso un furto e via discorrendo. Così disse solo:

“Non ho avuto occasione. Ma tu sei sicura..”

“Di non avere avuto un’altra figlia?” chiese ridacchiando la madre “Nives, Santo cielo, ti pare che se avessi avuto un’altra bambina non me ne sarei accorta? O che l’avrei nascosto a tutti? E a che scopo poi?”

“Va bene mamma, devo andare.”

“Fatti sentire.”

“Va bene, ciao.”

“Ciao”.

Nives riattaccò ancora più confusa di prima. Dunque quella ragazza non era una gemella sbucata fuori all’improvviso, sapeva che sua madre non le aveva mentito, anche se lei, per fugare ogni dubbio, aveva sentito l’esigenza di chiamarla. Ripose il cellulare nella borsa e riprese a camminare senza sapere dove andare, mentre le ombre della sera si allungavano dipingendo di chiaro scuri piazze e vie della città. Senza saperlo si trovò in via Roma dove stava la biblioteca e vi entrò spinta da un impulso che neppure lei riusciva a spiegare. Le porte automatiche si aprirono al suo passaggio e dentro le luci soffuse creavano un’atmosfera di rilassamento molto invitante, cosa di cui lei, dopo una giornata come quella che stava per terminare, aveva un disperato bisogno. Decise di cercare qualche libro d’arte su Artemisia Gentileschi, così da saperne di più sulla pittrice, casomai servisse per rimpolpare i pezzi che avrebbe scritto nei giorni successivi. Salì le scale in stile classico che portavano al piano superiore e si rifugiò nel settore dei libri d’arte. Ebbe fortuna. In occasione della mostra che si svolgeva al Museo, infatti, era stato messo in bella vista un volume che trattava proprio delle pittrici nel corso dei secoli e scorrendo l’indice Nives trovò anche la Gentileschi. Lo prese e, senza intrattenersi oltre tra gli scaffali, scese le scale e tornò da basso. Al banco consegnò il volume alla bibliotecaria che lo smagnetizzò nell’apposito apparecchio dopo aver visto la sua tessera della biblioteca. Era il procedimento utilizzato affinché i libri non fossero rubati, perché se i testi non venivano smagnetizzati appena la persona oltrepassava il bancone un dispositivo suonava immediatamente denunciando il furto. Era anche vero che a volte qualcosa non funzionava, ad esempio il libro non era stato passato adeguatamente nell’apposita macchina oppure l’addetto della biblioteca, specie nei momenti di punta, l’aveva tralasciato, ed allora quel suono intenso, fastidioso, imbarazzava non poco la persona che aveva richiesto il libro, guardata da tutti coloro che sedevano nel locale come una ladra. Ma c’erano altre volte in cui il dispositivo aveva permesso di scongiurare dei furti ed infatti c’era sempre qualcuno che pensava di farla franca portandosi a casa un testo gratis. Per Nives tutto filò liscio, il libro le fu riconsegnato dalla bibliotecaria con un sorriso e nessun suono disturbò quanti stavano leggendo o studiando nell’edificio. Le porte automatiche si aprirono e lei fu in strada. Si stava dirigendo verso piazza Dante quando quel suono la raggiunse. Presa dal panico, benché non ne avesse motivo, si nascose dietro un cespuglio che cresceva nel parco, quel tanto che bastava per vedere e non essere vista. Il suono metallico dell’allarme della biblioteca giungeva fin lì e non passò che una frazione di secondo perché Nives vedesse sfrecciarle accanto chi cercava, cioè se stessa. La ragazza correva trafelata con un libro sottobraccio, ma dietro di lei nessuno la inseguiva. Le forze dell’ordine non sarebbero riuscite ad arrivare alla biblioteca così velocemente da impedirle di fuggire e anche se la bibliotecaria per un breve tratto l’aveva rincorsa, non era poi riuscita ad attraversare la strada per piazza Dante perché il traffico era ancora intenso. Avrebbe chiamato subito la Polizia, ma intanto quella ragazza chissà dove sarebbe sparita. I passanti osservarono per un attimo la scena, senza riuscire a capire cosa fosse successo, dopodiché proseguirono come nulla fosse. Nives, da dietro il cespuglio, aveva seguito il suo alter ego con lo sguardo, per poi smarrirlo tra la folla. Ancora una volta l’aveva perduta e oltretutto doveva andarsene di lì e sicuramente non mettere più piede nella biblioteca, perché l’avrebbero confusa con quell’altra. Stava per prendere la stessa direzione quando notò a terra un foglio ripiegato che prima non c’era e subito lo raccolse. Lo aprì con cautela, sperando che l’avesse perso la ragazza durante la sua corsa. Era una cartina di Roma e probabilmente il libro che quella ragazza aveva rubato era una guida. Forse sapeva dove rintracciarla, così iniziò a correre anche lei, verso la stazione dei treni. Mentre procedeva domandava a se stessa se tutta quella faccenda non fosse una pazzia ma allo stesso tempo pensava a quanti euro le erano rimasti in tasca e se aveva chiuso casa. Le importava trovare quella ragazza e comprendere la ragione di quella straordinaria somiglianza, ma anche avere l’occasione di uno scoop giornalistico, se fosse riuscita a beccare la ladra, anche se poi restava da chiarire che tra loro non vi era alcuna parentela. Fuori dalla stazione una fila di taxi aspettava clienti mentre sulle panchine stava in attesa un gran numero di persone. Nives le guardò una per una, ma non si vide in nessuna di loro. Se l’aspettava. In fondo, l’altra stava sempre scappando per il furto del libro e non se ne sarebbe stata tranquilla su una panchina mentre il treno arrivava. Così Nives, controllato di avere denaro a sufficienza e passato l’ultimo momento d’incertezza, si diresse alla biglietteria. Dall’altra parte un omino dall’aria simpatica le diede il benvenuto.

“Buonasera signorina, cosa posso fare per lei?”

“Buonasera. Un biglietto, prego.”

“Per dove?” domandò l’omino.

“Roma.”

“Ah, Roma, gran bella città. Se non sono indiscreto, cosa la porta laggiù? Amore o affari?”

“Nessuna delle due, in realtà. Cerco una persona” rispose Nives.

“Ecco qui” disse l’omino “si affretti, il treno arriva tra dieci minuti, oppure c’è quello tra un’ora. Le auguro di trovare chi cerca.”

“La ringrazio” disse Nives “buonasera.”

“A lei” rispose l’omino, e si girò ad accogliere il prossimo cliente.

Nives si spostò sul binario indicato. Come sapere quale dei due treni avrebbe preso l’altra? Quello che stava arrivando o quello tra un’ora? Ragionando come fosse una persona in fuga, Nives decise che sarebbe salita sul primo in arrivo e obliterò il biglietto. Era inoltre chiaro che alla biglietteria non avevano visto nessuna ragazza con le sue sembianze, altrimenti l’omino se ne sarebbe di certo ricordato, essendo che l’altra se stessa era sicuramente passata di lì appena poco prima. Sì, era passata dalla stazione, ma senza fare il biglietto. Evidentemente, ce l’aveva già.






lunedì 10 giugno 2013

NO ALLA VIOLENZA SULLE DONNE A LIVORNO




A Livorno si è svolta una manifestazione contro la violenza sulle donne, un evento caratterizzato da una serie di scarpe rosse a simboleggiare le donne troppo spesso vittime di violenza. Guardate la fotogallery de La Nazione a questo link:
Ormai ogni giorno sentiamo alla tv, su Internet o sui social network notizie relative a donne uccise dalla violenza, è ora di dire basta! Artemisia Gentileschi è un po’ un simbolo di questo coraggio, il coraggio di dire basta. Lei lo fece secoli fa, affrontando tutte le amare conseguenze del suo gesto poiché i giudici la trattarono come se lei stessa avesse indotto il suo persecutore ad aggredirla, un comportamento che purtroppo non è ancora del tutto scomparso nemmeno ai giorni nostri. Visitate la gallery fotografica, leggete il blog per conoscere Artemisia.

NB. Fino al 30 settembre richiedendomi una copia de L’Inclinazione.Storia di Artemisia e Nives, contribuisci ad acquistare le Pigotte dell’Unicef , leggi tutto su


lunedì 20 maggio 2013

ARTEMISIA GENTILESCHI E IL SUO PROCESSO




Ecco uno dei passaggi del libro L’Inclinazione. Storia di Artemisia e Nives in cui parlo del vero processo della pittrice Artemisia Gentileschi. Come accade sempre, dopo la denuncia e il processo, la donna deve fare i conti con quanti non le credono, o peggio pensano che se la sia cercata. Artemisia affrontò non solo il suo aguzzino, non solo il processo, ma anche le malelingue che accompagnarono la sua vita da allora in poi. Sempre fiera, a testa alta, consapevole di avere ragione.

Ma per Artemisia le mortificazioni non erano ancora finite. Pur di farle confessare il falso i giudici, che le contestavano fin da principio la sua deposizione, decisero di sottoporla a quella che veniva chiamata “la tortura dei sibilli”. Si trattava di lacci che venivano legati ad ogni dito più stretti e tirati fino allo strozzamento delle dita che prendevano a sanguinare. Artemisia non gridò, non pianse mentre le si spaccavano le dita, mentre di fronte a lei il suo aguzzino osservava la scena senza traccia di pentimento, o almeno di pietà per quanto la ragazza era costretta a subire. Non si disperò, nemmeno quando il dolore divenne insopportabile. Pensava solo alle sue tele, ai dipinti che doveva terminare e a quelli che ancora dovevano essere creati, pensava a quante volte quell’identica tortura aveva provocato danni irreversibili, pensava, insomma, che per colpa di una colpa non commessa ma subita forse non sarebbe stata più in grado di dipingere. Tutto questo subiva Artemisia, consapevole di non essere creduta…

venerdì 10 maggio 2013

COMPRA I MIEI LIBRI E AIUTI L'UNICEF

 
 
Parte il 13 maggio e si concluderà il 30 settembre (con possibilità di una prosecuzione, a seconda dei risultati) l’iniziativa legata ai miei libri. Acquistando uno qualsiasi dei miei libri, SOLAMENTE per quelli che vendo io direttamente, quindi richiedendoli SOLO a me e non acquistandoli in libreria o su Internet,  tranne l’ebook per scrittori e Amici per sempre.Storie vere di animali (i cui proventi vanno al Canile di Naturno) 2 euro saranno destinati all’acquisto di una Pigotta, la bambola dell’Unicef.

Dal sito Unicef:

La Pigotta, in dialetto lombardo, è la tradizionale bambola di pezza fatta a mano con cui hanno giocato molte generazioni di bambini. La Pigotta dell'UNICEF è una bambola speciale perché contribuisce a salvare la vita di un bambino. Adottandola con un'offerta minima di 20 euro, infatti,permetti all'UNICEF di fornire vaccini, vitamina A, kit ostetrici per parti sicuri,antibiotici e zanzariere antimalaria.

Con i proventi acquisterò una o più Pigotte per aiutare l’Unicef come sopra descritto, pubblicando via via i risultati su Internet o per chi mi conosce anche aggiornandovi a voce.

I libri che partecipano all’iniziativa quindi sono:
Frammenti di una valle
La strada di casa
Le Piccole Cose
Reset
Il Blog Novel di Eventi Trentino (racconti miei e di altre due scrittrici)
L’Inclinazione.Storia di Artemisia e Nives
Matteo e Ronja nel Parco nazionale dello Stelvio, settore trentino
Sopravvissuti

Scopriteli leggendo questo blog e gli altri su www.larazavatteri.blogspot.com
  trovate l’indirizzo dei blog dei singoli libri sulla colonna destra. Grazie!

Nb. Ricordate che sono solo i libri che vendo io direttamente

venerdì 26 aprile 2013

L'INCLINAZIONE SUL PORTALE GLI AUTORI

Vi invito a visitare la pagina che Simone Fieni, che ringrazio, mi ha dedicato sul portale Gli autori, ecco il link per scoprire questo e altri miei libri e un'anteprima:

http://www.gliautori.it/larazavatteri.html

martedì 9 aprile 2013

NIVES E UNA VERITA' SCOMODA-ESTRATTO DEL LIBRO GRATUITO

La giornalista Nives sta attendendo notizie per poter scrivere il suo pezzo sul furto del quadro della Gentileschi, quando scopre una verità agghiacciante...



 “Di questo passo” pensò “non riuscirò mai a scrivere un pezzo decente oggi pomeriggio”.

 Le attese, e poi la fretta di scrivere per arrivare in tempo, erano parte del suo lavoro ma non per questo le risultavano meno snervanti: temeva sempre di non riuscire a svolgere il compito che le era stato assegnato. Imitando i colleghi, si sedette su uno dei gradini che portavano all’entrata, già pensando, come faceva sempre, all’attacco del suo pezzo. Doveva informarsi anche su quella pittrice, sapere di più su di lei e sulle sue opere, così da redigere anche un piccolo box a fianco del pezzo principale, che sicuramente dalla redazione le avrebbero chiesto. Non aveva mai sentito quel nome ne aveva idea di quali fossero i temi preferiti dalla Gentileschi o la sua tecnica. Avrebbe dovuto lavorare per cercare di tracciarne un profilo esaustivo ed allo stesso tempo comprensibile da tutti, senza tecnicismi che avrebbero reso difficoltosa la lettura ai non addetti ai lavori. Era ancora immersa in questi pensieri quando un giovane poliziotto raggiunse il gruppo dei giornalisti e subito tutti si alzarono per andargli incontro e sapere a che punto fossero le indagini. Il poliziotto avanzava verso di loro un po’ impacciato, non doveva essere abituato a trattare con la stampa e chissà per quale motivo avevano mandato proprio un novellino a svolgere quel compito, ma contro ogni aspettativa si dimostrò subito disponibile a rispondere alle domande.

“Qual è la dinamica dei fatti?” chiese un ragazzo inviato dal telegiornale, ancor prima che il giovane rappresentante delle forze dell’ordine potesse aprir bocca.

“Il ladro probabilmente si è mescolato con gli altri visitatori, ieri, ed è poi rimasto all’interno del Museo fino a notte inoltrata” disse il poliziotto “questo l’abbiamo dedotto dal fatto che non vi sono forzature di nessun genere né all’accesso principale né a quelli laterali, né alle finestre. Inoltre- proseguì- è riuscito a non far scattare nessun allarme e nemmeno il custode si è accorto di nulla. Solo stamattina poco prima dell’apertura del Museo ha notato che il quadro mancava e ci ha subito avvertiti”.

“Com’è possibile?” incalzò una giornalista che era giunta tra i primi davanti al Museo “insomma com’è riuscito a non far scattare l’allarme?”

“Ci stiamo lavorando” disse solo il poliziotto “e comunque si tratta di una donna”.

“Una donna?” chiesero in molti, sorpresi.

“Sì, una donna. Il ladro è una ladra” fece il poliziotto, senza ombra di stupore nella voce. Ma quei giornalisti da che pianeta venivano per essere sorpresi che una donna potesse rubare? “Anzi, sono uscito proprio per questo. Vogliono che vi accomodiate dentro, la telecamera ha filmato qualcosa”.

I giornalisti non se lo fecero ripetere due volte e sciamarono in massa verso l’entrata, così anche Nives si trovò all’interno del Museo, in un piccolo ufficio, in piedi, a fissare un video che rimandava frammenti sfocati catturati dalla telecamera, senza che però nessun allarme avvertisse che si stava compiendo un crimine.

“Purtroppo le immagini non sono per niente nitide, si vede pochissimo” disse il capo della Polizia, mentre la direttrice osservava i giornalisti con fare distaccato e quasi di disprezzo.

“Riccardo, fallo partire” disse il poliziotto a un suo sottoposto, e il video partì.

 L’immagine restituita era davvero approssimativa e la donna era visibile solo di spalle. Tuttavia si riconoscevano dei capelli castani scuri, un certo tipo d’andatura, un modo d’incurvare le spalle dopo un po’ che camminava. Troppo poco per le forze dell’ordine, ma non per Nives. Non appena i primi spezzoni erano apparsi sul video, un brivido l’aveva scossa tutta. Aveva represso a stento un’espressione di meraviglia che le si stava dipingendo in volto e poi un urlo quando ne ebbe la certezza. Si era guardata intorno per capire se qualcuno la stava osservando, ma tutti erano intenti a fissare il video con un misto di delusione e rabbia per non aver scoperto nulla di sensazionale da poter raccontare in un articolo. Pareva che quei frammenti non interessassero molto, ed in effetti a parte il colore dei capelli e la statura, non c’erano altri indizi utili per le indagini. Ma lei invece conosceva bene quel modo di camminare, quella tendenza a incurvare le spalle, perfino quella sfumatura dei capelli tra il rame scuro e il nero. Conosceva ogni dettaglio, quei dettagli che invece mancavano a tutti gli altri, perché lì, dentro al video catturato dalle telecamere di sorveglianza che non erano servite a nulla, c’era la persona che più le era familiare al mondo. Lei.



venerdì 22 marzo 2013

auguri






Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno acquistato il libro, per coloro che fossero interessati potete acquistare il libro online (trovate i riferimenti qui nel blog) o richiedendomelo. Un grande grazie a tutti i miei lettori e a coloro che lo diventeranno, tanti auguri di Buona Pasqua a tutti!

Lara Zavatteri

martedì 8 gennaio 2013

LE DONNE NEI MIEI LIBRI




Le donne sono molto presenti nei miei libri, sono donne combattute, combattive, ma anche magiche o realmente esistite.

Ne La strada di casa le donne sono tre: Anna, sua madre Sara e la zia di quest’ultima, Matilde. Si tratta di un romanzo ambientato nel periodo della seconda guerra mondiale, con protagonista Sara innamorata di un tedesco, la zia Matilde staffetta partigiana mentre Anna, nel 2005, scopre la storia della madre, divisa nei suoi sentimenti, tormentata, con un segreto che ha mantenuto per mezzo secolo.
Nei racconti de Le Piccole Cose invece le donne sono forti, come Marcellina, che si fa carico dei bisogni della famiglia d’origine, si occupa del fratello, lascia il paese anche se con la morte nel cuore, o la Donna delle Fucine, nel Seicento una donna che abitava sola, per molti una fattucchiera, ma colei che nonostante le dicerie saprà salvare il paese all’arrivo della terribile peste.
 In Reset, romanzo che parla di tre famiglie trentine nell’arco di tempo tra gli anni 80 dell’Ottocento e la fine della prima guerra mondiale, tra emigrazione, guerra ma anche ritorni a casa, le donne sono molte. Torna Matilde de La strada di casa, si scoprono anche le sorelle, poi Marina che partirà per il Sudamerica alla ricerca di una vita migliore. In Reset c’è anche Martina, che nel 2020 con altri due ragazzi cercherà di salvare proprio questa storia, la storia dei loro avi, prima che la tecnologia spazzi via anche i ricordi.
 L’Inclinazione, storia di Artemisia e Nives presenta due donne: Nives, giornalista di oggi e Artemisia, che altri non è se non la pittrice Artemisia Gentileschi. Attraverso una storia attuale-l’incarico di Nives di scrivere un articolo-si scopre la vicenda reale della Gentileschi, pittrice in un’epoca in cui le pittrici erano poche, donna e artista ma anche donna violata ma non spezzata da un pittore tra l’altro amico del padre Orazio. Artemisia coraggiosamente sopportò il processo contro il suo aguzzino, che pareva più che altro rivolto a lei e che porterà all’incarcerazione di Agostino Tassi, colui che le aveva usato violenza. Da qui la storia torna a noi con Nives che si scopre legata ad Artemisia da una vicenda magica e terribile: un libro che parte dalla forza di Artemisia per narrare poi una vicenda fantasy. Anche Nives saprà raccogliere l’eredità di Artemisia e imparare a percorrere la sua strada.
È invece un simpatico folletto Ronja, della fiaba per bambini Matteo e Ronja nel Parco nazionale dello Stelvio-settore trentino, un folletto che aiuta un bambino che si è perso a conoscere e rispettare il Parco e i suoi abitanti.
Sono personaggi reali invece Anastasia Romanov, Anna Bolena e Erzebeth Bathory, tre donne di epoche e paesi diversi, la cui storia è narrata nel libro “Sopravvissuti” da loro stesse. Partendo dalla vicenda reale s’ipotizza una loro possibile sopravvivenza, ottenuta nel caso delle ultime due (la Bathory era una donna che praticava il vampirismo) a scapito di altri.

Per conoscere tutti i libri (questi ed altri) leggere anteprime e approfondire vi aspetto su

www.larazavatteri.blogspot.com